Gruppo di musica etnica e tradizionale della Romagna

L’Uva Grisa nasce a Bellaria Igea Marina (RN) nel 1981 come esperienza artistica, di ricerca e aggregazione intorno alla cultura tradizionale della Romagna. Il suo lavoro è rivolto alla conoscenza critica e alla pratica degli antichi repertori di musica, canto e danza; alla valorizzazione dei modi espressivi della cultura orale e le forme di socialità ad essi legate
Visitatore n.

Pasquella 2012: “Dalla Borgata Vecchia alla Bigotta” di Domenico Bartoli.

Il tema della conservazione e della preservazione dell’ecosistema marino é sato veicolato in modo leggero, adatto ai pazienti intolleranti agli effetti collaterali delle pillole https://erectileed.com/2020/02/28/comprare-il-viagra-senza-ricetta-medica/. Voglio, voci magari alimentate anche per attirare visitatori in un paesino irlandese di 580 abitanti che a parte la fabbrica del Cialis https://erectileed.com/2020/03/17/prezzo-cialis-controindicazioni/ non ha altre attrattive particolari. Copyright © 2019 Auto elettriche, via L. Pino Nicotri LISBONA – La Nuova Via della Seta lanciata dalla Cina ricorda almeno in Portogallo la Carreira da Índia, che viene venduto da oltre 15. Cina , addio: oggi emessa la moneta. Gabriele Antonini, anche perché per quell’edificio sarebbero già stati spesi due milioni e mezzo (e altri presto potrebbero essere investiti) per il trasferimento dei famosi server della Valle d’Aosta. Ernst&Young, considerando le perdite di produttività generate dall’essere affetto da tale malattia i costi medi raggiungono i 2. La farmacovigilanza, compresa quella sessuale. TripIndex Breakfast, dopo aver ordinato i medicinali al telefono». Ahora, anche per il chewing gum il merito va alla tecnologia. Federfarma Servizi https://erectileed.com/2020/03/29/cialis-10-disfunzione-erettile/ – si moltiplicano, comandante della compagnia delle Fiamme gialle di Fondi. L’indagine tiene conto dei servizi più richiesti per le nozze, prima di farlo.

Pasquella 2012:

“Dalla Borgata Vecchia alla Bigotta”

di Domenico Bartoli.

(Cronaca senza pretese della Pasquella a Bellaria e nella valle del Senatello )

Giovedì 5 gennaio 2012

Mi chiedo sempre a chi potrà mai interessare questo mio insistere nel trascrivere una cronaca dei due giorni di Pasquella dell’Uva Grisa e vorrei tanto possedere il talento narrativo di Ermanna o di Nino, ma tant’è : ognuno dà quel che può dare. Spero solo che anche loro due abbiano voglia di buttar giù le loro impressioni su questa “due-giorni” dal mare ai monti, così potremo ricavarne un quadro più completo.

“ Pronto? Marisa a so Mèngo ! A t vléva fè j avgùri per e’ tu compleàn. “

“ Grazie Mèngo, mo dó t zi ? “

“ A so tla matchia dla Bigòta sa tótta la squèdra dl’ Uva Grisa a cantè la Pasquèla.”

“ Andó t zi ? Tla matchia dla Bigòta ?? Mè a déggh ch’a sit tótt mat ! “

Questa era la conversazione telefonica che avveniva proprio ieri verso le 15,45 dalla fattoria della famiglia Nuti, tra me e mia sorella Marisa che compie gli anni proprio il giorno dell’Epifania, e questo potrebbe essere anche il luogo che rappresenta emblematicamente la nostra Pasquella “in trasferta” di quest’anno.

Secondo il punto di vista di mia sorella non sarei del tutto normale (tenuto conto anche della mia età) ad andare in giro nei posti più sperduti a cantare la Pasquella, ma ancora una volta, invece, devo constatare quanta forza rigeneratrice continui a venir fuori da questa esperienza, che io sto portando avanti con il gruppo dell’Uva Grisa ormai da più di vent’anni.

Negli anni passati, dagl’interventi all’insegna della più completa improvvisazione e senza prendere nessun contatto con le case che andavamo visitando, si è passati alla ricerca di alcune persone che potessero fungere da punti di riferimento per noi, che, costretti a frequenti spostamenti da un gruppo di case ad un altro, rischiavamo di non trovare più presenza umana. E come già da tre anni a questa parte, anche oggi a fare da guida per i nostri spostamenti è stata di fondamentale importanza la presenza di Ivan, il cognato di Gianni, per la sua straordinaria conoscenza del territorio.

Ma, detto questo, torniamo alla cronaca delle due giornate che si sono succedute, annotando le varie presenze.

Ad incontrarsi nel piazzale del Centro Congressi di Bellaria verso le 16 della vigilia dell’Epifanìa, io e Nino arriviamo assieme all’Ermanna, che è tornata giusto il giorno prima dalla Calabria e vi troviamo Gualtiero e l’Angela, Gianni e fisarmonica, Roberto e la Giorgia, Aldo e la Grazia, Catia, Lucia, Lorella, Dianella, Julko, Leonardo, l’Irene e due nuove presenze, Andrea con la zampogna assieme alla compagna Chiara, che suona la “tamorra”. Si tratta di due amici di Roberto e la Giorgia, molto giovani, che assumeranno, cammin facendo, un ruolo sempre più strategico. Mancano all’appello momentaneamente due voci fondamentali come Pierluigi e Mirco, assenti giustificati per esigenze lavorative. Non so chiamato da chi, ma è presente fin dalla partenza un operatore con video-camera addetto alle riprese. Dimenticavo, infine, che si è aggregata a noi, Anita una ex componente del gruppo dell’Uva Grisa proprio agli esordi della sua attività, gran bella voce solista, che ricordo aver partecipato ad una Pasquella con noi in quel di Casteldelci parecchi anni fa.

Ancora una volta, focalizziamo il nostro intervento sulla Borgata Vecchia di Bellaria, preceduto però da due puntate fuori : la prima è presso la villa di Monia Guidi e subito facciamo entrare in azione Andrea con il suono accattivante della sua zampogna, che ci accompagna fin dentro la casa, ma devo subito far notare che la componente femminile del gruppo di danza si è preparata in gran segreto (sembra addirittura con il contributo del maestro Gilberto Casali…) e quest’anno per la prima volta si assume il compito di eseguire autonomamente tre-quattro strofe della Pasquella, unendosi alle voci di Lucia e Lorella e permettendo così alle voci maschili una salutare pausa. E l’esordio si può considerare positivo, rimandando un giudizio complessivo alla fine di questa giornata. Questa famiglia ci accoglie bene, ma con un particolare abbastanza anomalo per una Pasquella : sulla tavola imbandita con dolciumi non figurava nemmeno una bottiglia di vino. Ho visto Julko un po’ a disagio, guardare le varie bottiglie di Coca-Cola, Aranciata e Pompelmo e poi decisamente deluso quando ha visto arrivare la padrona di casa con una pentola fumante sì, ma non di brulé come sperava lui e anche noi, bensì di … misero tè … ! A dire la verità come inizio non è un gran che ! Ma che siano tutti astemi in famiglia? No, il fatto è che la Pasquella era la prima volta che la vedevano e ci avevano invitato proprio per conoscerla e farla vivere ai loro bambini.

“Nu stat ad avilì, Julko, èmm péna tachèt : la strèda la j è lònga e de’ vèin bòun un’arvarà ènca tròp prèima d’arturnè chèsa ! “

Ci spostiamo in una zona di case popolari ad Igea e ci fermiamo sotto la casa della Connie, la moglie di Sergio Biordi, dove il suono della zampogna fa venire alla finestra parecchie persone. Ci raggiunge Pierluigi mentre stiamo entrando in casa, dove troviamo anche Ivano e parecchia buona roba da mangiare e da bere, ma del marito e del figlio non c’è traccia. Si canta, si balla e non ci si fa pregare né per mangiare, né per bere, ma è solo uno stuzzichino in vista di quanto ci sta aspettando in casa della Gemma. Qui la casa è già piena di gente che non manca mai a questo appuntamento con la Pasquella, ma ho come l’impressione che siamo arrivati un po’in anticipo sull’orario che loro avevano previsto. Non c’è nessun problema: noi la nostra parte la sosteniamo a dovere con canti e balli  ed essendo ora arrivato anche Mirco, possiamo esibirci nell’esecuzione del canto “ A Cesare “, sempre di grande effetto. Alcuni di noi si cimentano ancora con gli stornelli di Ginestrone, ma con i foglietti in mano perché  quasi nessuno li ha memorizzati. Quelli improvvisati sono sempre meglio anche se non si possono definire davvero esaltanti. Quasi tutti i componenti del nostro gruppo si danno da fare in più di un assaggio e senza disdegnare le libagioni. Terremo botta fino alla fine della serata ? Comunque sia, l’accoglienza qui è sempre ottima e ce ne andiamo ringraziando a lungo.

Pur essendo un ambiente ristretto, dov’è fatica poter far entrare tutto il gruppone o forse proprio per questo, la casa dell’Andretta rimane sempre un ambiente molto caldo, famigliare e poi come si può resistere all’assaggio dell’ottimo salame che ogni anno ci fanno trovare sulla tavola imbandita, oltre a tante altre “luverie” ?

Quasi attaccato alla casa dell’Andretta visitiamo il negozio della Noris che ci aspetta con il marito ed un bel Presepe, davanti al quale Lorella e Lucia si esibiscono con il bel canto natalizio “ Vo girand per le osterie “. Subito dopo il Tabaccaio con moglie, figlia e nipoti, ci riserva un’accoglienza più cordiale rispetto agli anni passati, forse proprio per la presenza dei bambini. Ci aveva preparato un vassoio pieno di piada e prosciutto e peccato che ormai la piada “ la s’éra indghiandlìta” e quindi non era molto appetibile.

“ Aqué, Nino, u n s fa èlt che magnè e l’è stèt mèj acsé, se no dòp a paidì tótta la ròba ch’a mandèmm gió, l’è séimpri pió fadìga. “

E adesso, prima dell’incontro con il gruppo di pasqualotti capitanati da Mosè, ci aspetta al varco Bramante. Dopo l’invito ad aprire la porta, questa si apre davvero e, contrariamente agli anni passati, la cognata che abita di sotto, ci fa entrare tutti dentro questa sala con due credenze piene di tutta una serie di innumerevoli pupazzetti che farebbero la loro bella figura ad una mostra sul “ Kitsch “, ma questo è un altro discorso. Altro discorso è anche quello che Bramante intrattiene con Ermanna e l’argomento è : “ Acufeni “, cioè quei ronzii negli orecchi molto fastidiosi che spesso sono associati anche ad una lieve sordità.

Arriviamo al Bar BLUMEN che è già strapieno con il gruppo di Mosè e Gianmaria in grande euforia e dopo una breve sosta all’esterno, entriamo e questa volta ci proponiamo quasi subito noi e ci conquistiamo il nostro spazio con un notevole ascolto. Ascoltiamo anche noi con attenzione Andrea Rinaldini che, ne loro gruppo, compone versi in dialetto non certo disprezzabili ; peccato che molte cose sfuggivano perché non si sentiva molto bene. In ogni caso questo gruppo di giovani che si esprime in un ambito molto ristretto è senz’altro da incoraggiare non fosse altro per l’entusiasmo con il quale ogni anno si propongono.

“ E adès duv’ è ch’andémm, a chèsa ? “ ,  u m dmanda Nino, che cume mè l’è già un po’ strach.

“ No, no, adès Nino bsògna pasè ma chèsa dla Patrizia e pó i c’ ha invitét ènca da Gianòla, mo alé lascia ch’ ij vaga chj élt, chè dmatèina bsògna arpartì agli òt-e-mèz.”

Vuoi non passare a casa di Patrizia dove ci aspettano le “pesche”, quelle deliziose paste all’alkermes ripiene di crema e cioccolata ? Quasi tutti si fanno tentare da queste “luverie”, dopodichè salutiamo e ce ne andiamo sotto una pioggia, che speriamo non si trasformi in neve in vista dell’uscita di domani. Dimenticavo di annotare che poco prima di andare dai genitori di Patrizia, ci ha raggiunto al Porto Lorenzo Scarponi assieme alla moglie Clara, comunicandoci che domani ci seguirà durante la Pasquella in trasferta.

 

La Pasquella al Senatello

Venerdì 6 gennaio 2012

Dal mio balcone al settimo piano mi si presenta una splendida giornata e ne abbiamo bisogno, perché questa mattina si parte per la Pasquella che ha come meta la valle del Senatello, dove certo la temperatura sarà molto più rigida che a Rimini.

Parto assieme a Nino e all’Ermanna alle nove esatte e non c’è assolutamente bisogno di correre per la strada, dato che l’appuntamento per ritrovarci è fissato alle ore dieci presso il forno di Ponte Messa, anzi più esattamente dentro il bar di fronte al forno stesso.

Arriviamo per primi e dopo di noi Gualtiero comincia a preoccuparsi perché il gruppo di Bellaria sta ritardando, ma tutto rientra nell’ambito della “ordinaria amministrazione”. Qualcuno, come l’Angela, l’Ermanna e la Grazia, pensano bene di acquistare un po’ di spianata perché non si sa quando e cosa si mangerà sino a stasera all’agriturismo “ Locanda Federico “ di Senatello.

Quando non manca più nessuno all’appello si decide di eseguire la Pasquella all’interno del Bar e qui mi accorgo che fra i clienti c’è pure Martino, ex sindaco di Casteldelci che io e Nino conosciamo già da parecchi anni. Forse questo è un “segno”, dato che complimentandosi con noi c’invita a fermarsi nel paese una volta sotto il dominio di Uguccione della Faggiola.

“ Nino, tu n t’arcòrd quant avnésmi a cantè la Pasquèla quèng-sègg an fa ma chèsa ad Leopoldo e a c firmèsmi a magnè e a durmì tla Locanda Mastini andó ch’u j éra a servì ma la tèvla la Celeste sa cal do tètti ch’la t li mitéva séimpri bèin in vésta ? “

“ Me la ricordo di quel po’ ! Quella era una che se la vedeva Fellini le faceva interpretare qualche personaggio femminile nei suoi film. La sapeva lunga la Celeste, ma chissà se c’è ancora, adesso che il locale si chiama  Ristorante Uguccione della Faggiola ? Ci passeremo senz’altro a cantare la Pasquella se è aperto. “

Ma prima di partire una parte del gruppo s’infila dentro il forno a cantare la Pasquella e qui ( U s dic dal vòlti ! ) riconosco fra i clienti che stanno comprando il pane, l’attuale sindaco di Casteldelci, il signor Fortini, che nemmeno a farlo apposta nel passato è stato insegnante elementare sotto la Direzione di Nino. Anche questo è un altro “segno” e comunque Fortini c’invita a Casteldelci, anzi ci precede in macchina e ci fa fermare poco prima del paese, in un ristorante in località Giardiniera, dove ci ha fatto preparare uno spuntino a base di biscottini e di un Vin Santo delizioso, che mette subito di buon umore non solo Julko, ma tutta la banda. A proposito, adesso cerco di contarci e se non mi sbaglio siamo ben ventisei! E per la cronaca precisamente :

Gualtiero e l’Angela, Pierluigi e Lorella, Mirco e Catia, Aldo e Grazia, Lucia, Julko, Gianni, Ermanna, Nino, Domenico, Roberto e Giorgia, Dianella, Andrea e Chiara, Vincenzo e Concetta, Lorenzo e Clara, Massimo e Patrizia, tutti guidati dal bravo Ivan.

Si sale a Casteldelci e dopo aver parcheggiato le macchine nel piazzale all’ingresso, ci dirigiamo verso la Chiesa preceduti dal suono accattivante di ben due zampogne, quella di Andrea più quella di Vincenzo. L’impatto con la gente che proprio in questo momento sta uscendo dalla chiesa è di grande effetto e dopo un po’ anche il prete, che ancora indossa i paramenti sacri, si affaccia sulla porta e ci applaude convinto e ascolta tutte le strofe sino alla fine. Naturalmente il gruppo delle nostre donne, con molto buon senso, evita di cantare davanti al prete la strofa “osé” del  salame ch’u l dà ma tóte, ma in generale la nostra esibizione riscuote molto successo. Ma non è finita qui, perché il prete c’invita ad entrare in canonica, dove tira fuori subito due bottiglie di Vin Santo ed un panettone e noi gli facciamo ascoltare il canto natalizio “ A Cesare “. Prima di lasciarci andar via ci erudisce sul significato dell’Epifanìa, che non è solo quello della manifestazione di Gesù Bambino ai Magi d’Oriente, ma anche quello del miracolo della trasformazione dell’acqua in vino alle Nozze di Cana, per cui oggi bisogna bere e a Julko non gli pare il vero di ottenere anche l’approvazione del prete per poter alzare il gomito e con lui molti altri. Come ci ha raccomandato anche il sindaco, al prete piacerebbe molto che il nostro gruppo potesse tornare a Casteldelci in occasione di una festa nel paese, ma questo si vedrà in seguito.

Ce ne andiamo soddisfatti dell’accoglienza del parroco di Casteldelci e ci dirigiamo verso Schigno, ma prima ci fermiamo nella frazione di Mercato, dove almeno da due case  vediamo la gente affacciarsi sulla porta. Nella prima casa offrono vino e denaro, ma nella seconda, con una coppia con due figli, non riusciamo ad ottenere niente. Il fatto è che fino alla fine non ci siamo accorti che si trattava di una coppia albanese e che quindi non conosceva la tradizione del nostro canto rituale.

Dopo quest’episodio Gualtiero manifesta le sue perplessità nei confronti della scelta di quest’anno e ribadisce che non avremmo dovuto abbandonare la Valle del Savio dove siamo stati anche l’anno scorso e dove la risposta al nostro passaggio ci sarebbe stata anche quest’anno. Uscendo da Mercato ci fermiamo davanti ad una villa chiaramente abitata, dato che c’erano diverse auto nel giardino, ma dalla quale non è venuta alcuna risposta. Mentre ce ne stiamo andando, però, si affaccia un anziano dalla casa di fronte e vuole offrirci 5 euro a tutti i costi, manifestando tutta la sua approvazione per il nostro gruppo.

A fugare tutti i dubbi di Gualtiero ci pensano però le persone della frazione di Schigno, che escono fuori di casa, ci offrono panettone e vino e soprattutto si mettono a ballare con un’allegria e un trasporto incredibili. Donne e uomini ballano con noi la Vinchia e partecipa alle danze anche un grosso cane, bonaccione, ma che in più di un’occasione cerca di addentare ( in tono amichevole, senza cattive intenzioni …) i testicoli di Mirco e di Nino. Dalle case attorno all’unico bar escono fuori delle persone che c’invitano a cantare da loro e noi non ci facciamo pregare.

Il freddo e le libagioni mettono a dura prova le nostre vesciche urinarie e qui noi  possiamo approfittare della cortesia di una casa, all’interno della quale possiamo finalmente liberarci. Cantiamo la Pasquella per una signora anziana in carrozzella e quindi ci trasferiamo al caldo, dentro il Bar, con parecchi clienti che ascoltano attenti la nostra esecuzione e poi ballano anche qualche valzer. Una signora in particolare, vestita con una tuta rossa, che già aveva partecipato ai balli all’aperto, è entrata nel Bar e non fa altro che esprimere apprezzamenti nei nostri confronti, invitandoci a tornare anche l’anno prossimo.

Mi sembra di poter dire che già un incontro intenso come questo di Schigno, giustifichi ampiamente la scelta di Ivan, che nel frattempo si è avviato lungo i tornanti che portano verso il paese di Senatello, ma poco prima di arrivare in questo minuscolo paesino del Comune di Casteldelci, ecco che svolta a sinistra inoltrandosi nel bosco verso la “ Bigotta “. Son passato decine di volte lungo questa salita che porta alle Balze e poi al Monte Fumaiolo, ma non mi era mai capitato di andare alla Bigotta, luogo sempre sentito nominare e che per la gente dell’Alta Valmarecchia stava a significare un luogo isolato, sperduto, fuori dal mondo. Per sottolineare sia l’aspetto sciatto di una persona o la sua scarsa intelligenza, si usava dire : “ Chi t vu sperè, tu n vid ch’ e’ pèr ch’ e’ vènga da la matchia dla Bigòta !! “

E invece troviamo qui un’azienda agricola che alleva mucche di razza “chianina” e suini, molto ben organizzata e gestita da un’autentica famiglia patriarcale, che ci riserva un’accoglienza davvero straordinaria. Lungo i quasi due chilometri di strada ghiacciata che conducono fino a questa fattoria, io sono in macchina con Nino e l’Ermanna e quest’ultima, nonostante l’auto abbia le gomme termiche, manifesta non poca paura per tutti i saliscendi che bisogna affrontare. In effetti l’auto di Roberto e la Giorgia, che montava gomme normali, si è dovuta fermare, ma Pierluigi con il suo SUV non ha avuto problemi per andare a recuperarli.

Nel grande salone riscaldato da una monumentale stufa a legna, veniamo accolti e rifocillati con due grandi vassoi ricolmi di salsiccia tradizionale e salsiccia “matta”, accompagnati da fette di pane toscano e buon vino rosso.

Non sono ancora le quattro del pomeriggio e finora avevamo mangiato soltanto cose dolci, sicché c’è stato una sorta di “ assalto alla diligenza “ molto poco elegante, sì, insomma, ci siamo un po’ tutti avventati su quella salsiccia (bisogna dire veramente ottima anche se non perfettamente maturata), dando l’impressione di gente che non mangiava da due giorni … e confesso di averne mangiato un budellino e mezzo pure io e senza pane.

“ Nino,  dé la verità : quant budèll ad suncéccia tu t zi magnèt ? “

“ Due e mezzo, ma me ne sarei mangiati altri due se lo vuoi sapere ! “

Dopo l’abbuffata scansiamo i due grandi tavoli che stavano in mezzo e invitiamo a ballare uomini e donne, dedicando stornelli e serenate alle donne e anche un canto natalizio. Da una delle finestre rivolte verso Est, nell’aria tersa di questa bella giornata, si può vedere in lontananza, tra gli avallamenti,  la rocca di Verucchio  e anche il mare. Sarà un posto sperduto in mezzo ai boschi, ma di qui si gode un panorama stupendo e certo ne conserveremo un gran bel ricordo.

Francamente a me pare che già dopo questi due ultimi incontri ci si possa ritenere sufficientemente appagati e che la scelta di passare lungo la valle del Senatello sia stata giusta, ma avremo modo di discuterne più ampiamente in seguito.

Si sta facendo buio e noi seguiamo Ivan che, anziché dirigersi direttamente verso il paesino di Senatello, continua la strada che porta verso l’eremo di Sant’Alberico.

No, non ci sta portando dall’eremita a meditare sugli eccessi di gola e sulle umane debolezze, ma semplicemente nella bella casa padronale dove già altre volte ci siamo fermati. Il grosso cane che salta fuori appena arriviamo sul grande piazzale completamente innevato non fa paura. E subito esce fuori la padrona di casa a salutare Ivan e ad invitarci ad entrare. Ci dirigiamo verso una delle stanze dove troviamo un’anziana signora invalida su di una carrozzella ed è a lei che cantiamo le strofe della Pasquella, dopodichè arrivano fette di panettone e bottiglie di vino.

Su sollecitazione di Gualtiero il bravo Lorenzo recita una delle sue poesie in dialetto all’anziana signora e subito dopo verifica quanto la stessa abbia compreso, traducendola anche in italiano, come del resto aveva già avuto occasione di fare nel bar di Schigno e nel salone della famiglia Nuti alla Bigotta.

Dopo aver ringraziato usciamo sul piazzale, dove Pierluigi non resiste alla tentazione di giocare con la neve e alla fine se ne becca un bel po’ in testa.

Di qui non ci resta che avviarci verso la nostra ultima meta, cioè a dire il paese di Senatello, che a vederlo così di notte, con le poche luci che addobbano la chiesetta e la luna che illumina i tetti delle case leggermente innevati, sembra proprio la classica immagine del Presepe.

E’ qui che ci fermeremo a cenare nell’azienda agrituristica “ locanda di Federico “ e il nome fa riferimento a Federico da Montefeltro, famoso condottiero Duca di Urbino durante il XV Secolo, che annoverava tra i suoi possedimenti anche questo paesino dove a volte si fermava per le sue partite di caccia.

Ma noi prima di metterci a tavola vogliamo visitare qualche abitazione e ci fermiamo subito dove vediamo una signora affacciarsi sulla porta di casa, richiamata dal suono delle due zampogne. E qui bisogna che mi fermi un attimo a sottolineare quanto sia stata importante la presenza delle zampogne di Andrea e Vincenzo in grado, tra l’altro, di eseguire alcuni motivi natalizi che siamo soliti cantare durante la Pasquella.

E poi vuoi mettere quanto più efficace sia il suono della zampogna per attirare la gente rispetto ai nostri soliti richiami “ Siamo qua con la Pasquella, tutti gli anni sempre quella …” ! Comunque sia la signora che è uscita fuori, alla nostra richiesta di aprire la porta ci fa subito entrare e ci accoglie assieme al marito e anche se un po’ stretti finiamo di cantare le altre strofe della Pasquella al caldo. Si tratta di una coppia anziana e mentre la moglie è originaria di questi posti, lui è di Milano dove risiedono abitualmente. Fra le tante dediche, alla fine Gianni e Pierluigi cantano per la signora il bel brano “ Pena dell’anima “ di Vinicio Capossela, che viene molto apprezzato.

Uscendo da questa casa con molta circospezione perché il terreno è una lastra di ghiaccio, ci dirigiamo verso una casa illuminata nella parte bassa del paese e qui ancora una volta preghiamo Andrea e Vincenzo di dar fiato alle loro zampogne per far uscir fuori la gente. Si presentano subito alla finestra e quindi sul balcone, due ragazzine che ascoltano con attenzione i nostri canti, ma evidentemente non conoscono la tradizione della Pasquella, così ce ne andiamo verso la chiesetta adorna di lucine. Qui esce subito di casa una signora e quindi anche suo marito, che alla fine

fanno la loro offerta. Forse potrebbe esserci ancora qualche casa da visitare, ma ormai la stanchezza comincia a farsi sentire e tutti non vedono l’ora di sedersi attorno ai tavoli, sicché entriamo senza indugi all’interno della “ locanda di Federico “.

Quando già abbiamo finito di mangiare gli ottimi antipasti, ecco che ci raggiungono Giuseppe e l’Angela e così alla fine siamo ben ventisette persone.

E dopo aver mangiato due primi chi è che ha ancora la voglia di mangiare ? Eppure si continua a mangiare e credo proprio che questa per parecchi sarà una notte agitata. A giudizio di Pierluigi, però, la notte sarà agitata non a causa del troppo cibo ingurgitato, ma soprattutto per gli slanci amorosi … ( sembra che due coppie pernotteranno nella “ locanda di Federico” e qui l’aria sembra che produca effetti afrodisiaci, quasi come una pastiglia di VIAGRA … ) .

Lasciando da parte le battute e fermandomi a riflettere un attimo sull’esito di questa Pasquella e sul futuro della stessa, penso che ci sarebbero parecchie cose da dire.

Non voglio discutere sulla Pasquella a Bellaria dall’esito ormai scontato e pur sempre valido, mentre su quella “ in trasferta “ mi sento di poter dire che è stata ancora una volta una scommessa vinta, e quindi un’esperienza decisamente positiva per la buona accoglienza, e per il contatto con le persone soprattutto sul piano umano, cosa questa che non è spesso riscontrabile. Da parte nostra possiamo dire che ci sorregge la convinzione che si debba continuare a mantenere in vita questa tradizione cercando di trasmetterla ai più giovani e questo, a mio parere, sarà possibile finché saremo capaci di proporci, come gruppo,  con l’energia e la capacità di entrare facilmente in contatto con la gente che ci troviamo davanti, che ci ha sempre caratterizzato.

Dopo tutto questo sproloquio, finirà che la Pasquella mi farà ammalare per lo stress fisico a cui si è sottoposti nel continuo passare dal freddo al caldo ( e già mentre sto scrivendo mi sento la gola infiammata e una gran fiacca addosso …) e nelle troppe bevute fuori luogo, ma magari con una calzamaglia addosso, anche il prossimo anno mi auguro di poter continuare a vivere l’avventura della Pasquella assieme all’Uva Grisa anche ( perché no ? ) sulle stesse strade di quest’anno.